Tag

, , , ,

equilibrio-stabilità

Ci sono alcune situazioni in cui la vita prende una piega troppo seria. Situazioni in cui eventi più grandi di noi ci sovrastano e non ci permettono di vedere le cose dalla giusta prospettiva.

In questi casi può capitare di sentirci incastrati, impotenti, fragili e provare sentimenti di angoscia e tristezza. Se questo accade possiamo fermarci un attimo, ragionare ad alta voce e accorgerci che la sofferenza viene dai pensieri e dalle domande che la nostra mente costruisce. I fatti accaduti in questo periodo potrebbero portarci a chiederci: perché costruirmi con fatica una vita se poi vado in vacanza e mi sparano alle spalle o qualcuno fa cadere un aereo, come faccio a contrastare questa violenza, perché lavorare per il futuro se poi il governo mi frega tutti i soldi,  che senso ha tutto questo dolore, siamo in pericolo e lo è anche la nostra famiglia etc. e naturalmente passa la voglia di fare ogni cosa perché si impadronisce di noi la certezza di non poter controllare tutto questo. Quando ci sentiamo così, inermi, impotenti proviamo a farci la domanda che è stata uno degli insegnamenti più preziosi che io abbia ricevuto nella mia formazione: Non è che mi sto prendendo troppo sul serio? 

Questa domanda di solito precede “il risveglio” alla realtà. Per farvi capire meglio cosa intendo ora uso un esempio che conosco bene: me stessa. Ho una professione che ho costruito con fatica, una famiglia alla quale tengo e vorrei proteggere le persone dalla sofferenza. Così dicendo rischio però di scivolare dietro l’illusione di poter controllare e prevenire la sofferenza: è semplicemente utopistico. Se non mi “risveglio“, rischio di prendere sul serio questo obiettivo e fare più male che bene perché il fatto di non riuscire in questo obiettivo potrebbe attivare in me tutte quelle emozioni elencate in cima all’articolo.

Se ci prendiamo troppo sul serio permettiamo ai pensieri negativi di popolare la nostra mente, e di farci uscire dai binari di quello che è davvero importante per ciascuno di noi. Per quel che riguarda il mio esempio io posso fare la mia parte in un mondo che ciclicamente impazzisce, e dove il ritmo è scandito dalla vita e dalla morte. E allora devo rimboccarmi le maniche e stare al di qua della linea più tempo possibile, scrollarmi di dosso tutta quella sensazione di impotenza perché non è una sensazione: non possiamo davvero salvare il mondo, o i nostri pazienti, o i nostri amici, forse non diventeremo ricchissimi e non saremo mai soddisfatti. Ma possiamo salvare noi stessi e, anche se può sembrarci egoistico e riduttivo, è l’unica cosa che, tra le altre, può garantire ai miei pazienti, ai miei amici e alla mia famiglia di poter contare su di me.

photo credit: The World in a Crystal Ball via photopin (license)